C’è più tempo che vita, ovvero sul giorno in cui festeggiai la morte di qualcuno a cui volevo bene

Sai, oggi ho imparato qualcosa che probabilmente avrei potuto già sapere, ma servivano condizioni estreme per far si che riuscissi a piegare l’iperbole per far intersecare la possibilità con la necessità: ho imparato che, se ti bevi da solo una bottiglia di spumante da 1 euro, verso la fine è sicuro che ti viene un pò di acidità di stomaco, anche se ultimamente ti sollazzi nel bere sorsi di finto aceto balsamico, che tra l’altro è parecchio peggio che berne di quello vero. Però fa il suo effetto, lo spumante, e ti porta a scoprire anche altre cose che non ti aspettavi. Per esempio, ho capito che con il mio nuovo finto letto matrimoniale posso appoggiare un sacco di cose sul letto che non uso, tipo il fucile, il cellulare, i pantaloni, e così via; soprattutto visto che il cane dorme ancora sul mio letto nonostante possa possederne uno suo. In più, nel mio nuovo letto inutilizzato, posso nasconderci bottiglie di ogni tipo e quantità. Infatti, nel dubbio che una bottiglia non bastasse, sono sceso a prenderne un’altra. Poi è arrivata la notizia, e se prima era soltanto paura, ora è certezza – devo festeggiare.
Anche se non ne ho alcuna voglia: stasera è morta mia nonna, probabilmente la persona che in questi 28 anni ha avuto più influenza nella mia vita, probabilmente soprattutto grazie alla poca volontà di averne, sicuramente la persona con cui mi son divertito di più negli ultimi due anni. Però glielo devo, non voleva soffrire, e nonostante l’ultimo anno non sia stato soltanto rose e fiori, e anzi, ha passato due mesi e mezzo in ospedale, la fine è venuta in fretta, dopo un periodo di grasse vacche di ogni tipo: carne e vino a ogni ora, risate a volontà, e un sacco di abbracci.
Poi ci sono i rimorsi. Io ho passato gli ultimi due mesi sempre ubriaco, a ogni ora, perchè comunque lei aveva i suoi problemi dopo quel che le era successo, e, come se non bastasse, qualcuno aveva pensato di affiancarle la mia cuginetta, che ha già i suoi problemi e ben poche possibilità di risolvere quelli altrui. E la cosa in parte mi aiutava, ma in altre mi ammazzava, e per smaltire un litro di vino a pranzo ci vogliono le ore, e un sacco di volontà.
Ho alcune delle foto più particolari di mia nonna dell’ultimo anno, e questo è sicuramente una bella cosa. Ma forse c’è qualcosa che mi manca, e non è una cosa recente. Nel senso che probabilmente in tutto questo tempo non ci ho mai pensato, anche se continuo a sperare che non sia così, che qualcuno ci abbia pensato per me, o che semplicemente, non mi ricordi di esserci arrivato perchè ero ubriaco: non credo di avere una foto che sia una con mia nonna, e se ce l’ho, è certo non l’abbia ideata io. Non che ci sia del merito particolare, però avrei voluto vederci insieme, con quelle espressioni del “facciamoci una foto”. Perchè col tempo ero diventato bravo a farle foto, a catturare quei rari momenti di allegria che in pochi sapevamo indurgli, toccando quei pochi tasti rimasti. Ma quel che mi manca forse è vedere come stavo io in sua compagnia, nonostante ora, con il ricordo fresco, lo sappia bene come stavo. Il problema sarà ricordarsene, col passare degli anni, coll’evolversi delle cose, col prenderlo in culo dalla vita. E ora è troppo tardi. E pensare che oggi la vedevo respirare affannosamente in ospedale e non ci pensavo, credevo che in qualche modo ce l’avrebbe fatta come sempre, bene o male.
Resta quel che ho imparato da lei, e non è poco; per esempio, che non sempre bisogna perdonare, perchè ci sarà chi ti perdona per non aver perdonato chi non se lo meritava, o non riusciva a meritarselo. Che nella vita bisogna esser pronti al peggio, perchè è quello che probabilmente ti capiterà; che l’importante è tirare avanti, in qualsiasi modo, e che non importa quanto sia salata la pancetta, o grasso lo stracchino, se ti rendono felice, mangiali, anche se non dovresti. E così sia per l’alcool. Mai una parola cattiva ha detto infatti verso il mio prozio Ceco, il fratello di mio nonno nonchè cognato di mia nonna: gli piaceva bere il vino, e un bottiglione al giorno non bastava. E lei gli diceva di berne di meno, ma lui ribatteva, fammelo bere intanto che son vivo, e non un commento, non una battuta a riguardo, non un giudizio. All’esatto contrario di chi non beveva o non beveva più di un bicchiere per non diventare balordo, forse per similarità nei gusti, o forse per qualcosa di più profondo. Perchè alla fine, nonostante il vino e tutto ciò che poi ne derivò, qualcosa rimase di quel ramo del lago di Como, a differenza del ramo di colui che non beveva più di un bicchiere, che non lasciò alcun tipo di scia per paura di lasciarne di sbagliate.
E allo stesso modo stasera non c’è giudizio per me che mi stappo un’altra bottiglia di spumante, all’una di notte, con tanto di scoppio inaspettato, che tra l’altro probabilmente era in cantina dall’epoca in cui c’era ancora mio nonno. Perchè dopotutto forse sono io quello che stasera ha più da perdere, quello che aveva legato di più con quel poco di vita ormai in fuga verso altri orizzonti. E non è certo un merito mio, ma, nonostante il dolore, sono felice di aver avuto questa occasione: ultimamente ero un pò sconsolato, perchè tra una cosa e l’altra ero sempre io a dovermi sobbarcare tutti gli oneri di quella barca traballante che è “casa nostra”.  Però forse, a conti fatti, ho avuto l’occasione di apprendere, tra una difficoltà e l’altra, la storia come mia nonna se la ricordava, e se c’è qualcosa per cui lodare mia nonna, è la memoria. Soprattutto nel mio caso, in cui praticamente entrambi i rami principali da cui derivo tendono all’estinguersi, se non fosse per l’ultima, tenace esemplare: la sorella più piccola di mia nonna, una sottospecie di forza della natura alta forse un metro e mezzo ma capace di aver cresciuto, da vedova, a cinquant’anni scarsi ben dodici figli.
Ed è a lei che dovrò cercare di stare vicino in futuro, in onore alla promessa che feci nel mio cuore a mio nonno, di prendermi cura di mia nonna quando lui se ne sarebbe andato, sentendomi, già allora, l’unico capace di stare vicino quanto serva senza risultarne troppo scottato. Perchè ora è sola. E si merita che qualcuno si ricordi ciò che ha fatto negli ultimi mesi di vita di mia nonna, in cui ogni giovedì veniva a trovarla, per guardarla con quei suoi occhi azzurri come il cielo che non riesco a capire da dove siano arrivati, come se siano qualcosa di estraneo, di esterno alla genetica, di assurdo, di bellissimo come il suo carattere morbido ma inattacabile. In onore a tutti i difetti che ho ereditato, perchè forse sono proprio loro a fare di me quel che sono, o quel che fa di me meritevole di esistere, perchè è chi a essere senza peccato a scagliare le pietre, e io, a parte per farle saltare sui fiumi, non c’ho molta voglia, soprattutto da preciso.

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Giusto perchè non saprei immaginarvi come due cose separate.


Ciao nonna!

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